La Quaremma tarantina, la storia della vedova di Carnevale

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Un tempo il fantoccio della della vedova di Carnevale veniva appeso a fili tesi da un balcone all’altro e addobbava le nostre vie durante tutto il periodo di Quaresima.

Vestita a lutto con scialle sulle spalle e fazzoletto sul capo, in una mano reggeva il fuso e la canocchia, simboli del lavoro e del tempo che scorre perchè Quaremma, dopo la morte del marito, doveva filare e tessere notte e giorno, per poter vivere e per pagare i debiti del suo scellerato marito. Nell’altra mano un’arancia infilzata con sette penne di gallina – una per ogni settimana di Quaresima – a cui a cui la fantasia popolare ha dato anche dei nomi:

“Cu na pignata accumènze Anna, pò cìtt’ cìtte avène Susanna, dope Rebecca arrìve Ribanna, Sicilia s’allìste le palme de Sicilianna e a chiudere ‘nge pense Pasca rànne.”

Ogni domenica di Quaresima veniva strappata una penna, sino alla domenica di Pasqua, quando dopo aver strappato l’ultima penna, la pupattola veniva bruciata a simboleggiare la fine del periodo di astinenza quaresimale.

 

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